«Imparano infine come possono muoversi in questo mondo»

23.03.2020 - 15:14 | Milena Palm

Alla fine del 2018, la Fondazione Villaggio Pestalozzi per bambini ha avviato in El Salvador il progetto «Una scuola, mille storie» nella provincia Morazán. Ce lo raccontano la responsabile del progetto Gloria Raskosky e la formatrice Miriam Luna.

Miriam Luna: Torola è uno dei comuni più poveri di El Salvador. Nei dintorni mancava una biblioteca. Grazie al progetto della Fondazione Villaggio Pestalozzi per bambini ora c’è un centro di risorse educative. Lì vicino si trova una scuola e ce ne sono altre nove più distanti. Il personale docente di questa scuola si impegna intensamente affinché i bambini possano usufruire di tale offerta. Lunedì, prima di andare al lavoro, si recano presso il centro di risorse educative per prendere in prestito libri e giochi didattici. Il venerdì poi li riportano indietro.

Nel progetto migliorate la qualità dell’istruzione delle scuole di Morazán. Come lo fate?

Gloria Raskosky: In El Salvador solo due scuole pubbliche su dieci possiedono una biblioteca. Il 75% dei bambini del sesto grado sanno leggere come quelli del terzo! Allestiamo pertanto delle biblioteche nelle scuole e rendiamo accessibili i libri ai bambini. Possono portarli a casa e guardarli con le loro famiglie. In alcune famiglie, i genitori non sanno né leggere, né scrivere. Sono dunque i bambini che leggono ad alta voce per loro. È una cosa meravigliosa che avviene grazie alla loro volontà perché portano a casa i libri, li condividono e ne discutono.

Miriam Luna: Vogliamo cambiare inoltre il modo tradizionale di fare lezione.

Gloria Raskosky: Esattamente. Normalmente il docente entra, va alla lavagna e fa copiare qualcosa ai bambini. Questo non promuove né il dialogo, né il pensiero critico. Manca l’interazione. E i docenti impongono ai bambini delle informazioni che magari non interessano loro per niente.

Come contrastate i comuni metodi di fare lezione?

Gloria Raskosky: Lavoriamo a stretto contatto con i docenti per incidere sul sistema scolastico. Per esempio, andiamo insieme in una scuola che fa spazio ai nuovi metodi. Si crea così uno scambio informale ma proficuo. Secondo noi, per arrivare ai bambini bisogna passare per il personale docente. Abbiamo formatori per docenti, quali Miriam Luna, che mostrano loro direttamente in classe nuovi modi creativi di fare lezione. Questo esempio di insegnamento avviene in presenza dei bambini e tutti ne traggono benefici.

«Quando i genitori aprono un libro insieme ai loro figli oppure vanno nei centri di risorse educative, si vede la gioia sui loro volti perché imparano insieme.»

Gloria Raskosky – Direttrice programmi
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Gloria Raskosky dirige il progetto «Una scuola, mille storie» presso l’organizzazione partner Contextos. È impressionata dalla motivazione di tutti i partecipanti.

A cosa lavorano i docenti con i bambini?

Miriam Luna: Esercitando con i bambini la loro comprensione scritta, la produzione scritta e il pensiero logico-matematico. I bambini migliorano le loro capacità matematiche, ad esempio con l’ausilio di un gioco a freccette con cui imparano a fare le addizioni e le sottrazioni. I nuovi metodi promuovono al contempo anche la capacità di pensare del corpo docente. Imparano ad utilizzare tutte le risorse disponibili per infondere loro la gioia di imparare.

Come risolvete il problema della mancanza di materiale scolastico?

Miriam Luna: Abbiamo allestito in ogni comune del progetto un centro di risorse educative. Si tratta di un locale in cui ci sono dei piacevoli angolini colorati con i libri. I bambini possono mettersi comodi su tappeti e cuscini. È disponibile materiale ludico e didattico come carta per origami, scacchi o il gioco delle molecole.

Che importanza riveste il centro per i bambini?

Miriam Luna: Per i bambini è un rifugio. Lì ricevono assistenza, i docenti o i volontari leggono loro i libri o conducono dei workshop. Possono dimenticare un po’ la loro vita di tutti i giorni, divertirsi o passare lì un po’ di tempo. I volontari sono mamme e animatori e animatrici giovanili. Questi ultimi sono studentesse e studenti che mostrano un po’ più di interesse e che, più avanti, potranno diventare bibliotecari.

La storia di Samir mostra l’importanza che rivestono questi centri. Questo bimbo del secondo anno saltava agli occhi per il suo comportamento ribelle. Durante un colloquio i formatori del corpo docente hanno scoperto che i suoi genitori erano stati assassinati. Il ragazzo ha spiegato a lezione di voler diventare poliziotto per poter essere in possesso di un’arma e poter così uccidere gli assassini dei suoi genitori. Quando il nostro team è stato per la prima volta nella scuola, Samir conosceva già il centro di risorse educative e ci andava volentieri. Lui era sempre lì mentre sua nonna vendeva le tortillas nel parco. La nostra formatrice ha invitato la persona responsabile del centro a dedicare un’attenzione particolare a Samir e ad affidargli delle responsabilità. Oggi si occupa con gran senso del dovere di selezionare i libri della settimana. Il suo lavoro gli dà gioia. Lo rende felice essere importante. Grazie all’aiuto che dà al centro, Samir ha una mansione da svolgere e una nuova prospettiva. E questo lo aiuta ad affrontare meglio il proprio dolore.

Com’è la motivazione all’interno del progetto?

Gloria Raskosky: I partecipanti vogliono tutti gli strumenti che possono avere per continuare il proprio sviluppo. A Morazán c’è molta violenza ed è una situazione che persiste da molto tempo. A un certo punto, la gente ne ha abbastanza, vuole chiudere il capitolo e iniziare una vita migliore.

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Nel progetto i bambini imparano a leggere e scrivere con una lezione all’insegna del gioco: ecco che così cambia la loro visione dell’istruzione.

«Grazie all’aiuto che dà al centro, Samir ha una mansione da svolgere e una nuova prospettiva.»

Miriam Luna – trainer

Per questo motivo sono tutti molto motivati. I tre sindaci appartengono ad esempio a partiti politici diversi, ma si riuniscono come se così non fosse. Vedono che il progetto migliora la situazione di tutti. Anche i genitori si danno da fare. Soprattutto perché i bambini tornano a casa incuriositi e raccontano cosa hanno imparato a scuola.

In che modo il progetto ha cambiato la quotidianità dei bambini?

Miriam Luna: Ora le conoscenze vengono trasmesse ai bambini in modo ludico. Così facendo, soprattutto le nozioni matematiche diventano più facili da capire. Hanno imparato frasi essenziali per sostenere un dialogo, quali «Penso che...», «(Non) sono d’accordo». In questo modo, rispettano le opinioni altrui e possono esprimere meglio le proprie.

Gloria Raskosky: La dinamica nelle classi è diversa. Incoraggiamo i bambini a dialogare, ad essere empatici, ad ascoltare, a partecipare. Senza lasciare nessuno indietro. Così diventano più attenti e riflettono sul ruolo che hanno all’interno della classe. Realizzano, inoltre, che fanno parte del gruppo e che l’aula è una parte importante del loro mondo. Imparano infine come possono muoversi in questo mondo e come possono applicarvi le nuove tecniche che il corpo docente mostra loro.

Miriam Luna: Per di più in questo modo, invece di attenersi rigorosamente al programma didattico, i docenti si interrogano maggiormente per capire come imparano al meglio i loro alunni. Il corpo docente è complessivamente più consapevole delle proprie responsabilità e i bambini sono più critici.

Qual è la cosa più bella del progetto?

Miriam Luna: Il modo in cui i bambini ridefiniscono la loro visione dell’istruzione attraverso la lettura, la scrittura e grazie a lezioni più ludiche. Hanno visto che possono applicare quello che imparano nella loro vita di tutti i giorni. Promuovendo il pensiero logico, si infondono nuove emozioni ai bambini. Diventa chiaro così quanto è importante avere libri di qualità e che il materiale didattico influenza direttamente l’apprendimento.

Gloria Raskosky: Quando i genitori aprono un libro insieme ai loro figli oppure vanno nei centri di risorse educative, si vede la gioia sui loro volti perché imparano insieme.

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