«La chiave sta nel non sovraccaricare i bambini»
14.07.2020 - 16:16 | Christian PossaMarina Despotovic insegna inglese in una delle scuole coinvolte nel progetto della Fondazione Villaggio Pestalozzi per bambini nella cittadina serba di Uzice. Nell’intervista approfondisce il tema dell’insegnamento online ai tempi del coronavirus, sottolineando che, lungi dall’essere perfette, le lezioni funzionano sorprendentemente bene.

Marina Despotovic, come state vivendo la situazione attuale?
All’inizio avevamo tutti paura ed eravamo in panico perché non sapevamo se e come avrebbe funzionato. Ma per quanto riguarda le lezioni online sono molto sorpresa. Funzionano piuttosto bene, malgrado sia una cosa nuova per tutti noi.
Come avete proceduto?
Il 15 marzo il governo ha annunciato lo stato d’emergenza. Il 16 marzo ne abbiamo discusso a scuola. Abbiamo avuto bisogno di uno o due giorni per configurare Google Classroom, lo strumento a cui ora ricorriamo più spesso. Ma usiamo anche Skype, l’email o i gruppi di Viber. Alcuni genitori sono andati con i loro figli nei paesini o nelle case utilizzate per le vacanze perché ritenevano che lì fosse più sicuro. E questo ci ha messo di fronte a grandi sfide.
Come le avete affrontate?
Nei luoghi in cui la connessione Internet non è ridotta, mandiamo il materiale delle lezioni per posta. Il personale docente invia il materiale alla scuola, dove viene raccolto e mandato poi ai bambini. Parlo ogni giorno con i miei bimbi perché voglio sentire come stanno e se tutto funziona.
E qual è il punto dolente?
Il brutto di tutta questa storia è che non possono più stare insieme ai loro amici. D’altro canto, il tempo trascorso insieme alla famiglia ne favorisce l’unione. Una bambina mi ha raccontato che lei e la sua sorellina riescono finalmente a capirsi e ora sono amiche. Prima, invece, litigavano tutto il tempo.
Inganna l’immagine per cui la Serbia stia reagendo relativamente bene all’insegnamento online?
È difficile dirlo, posso parlare solo a nome della nostra scuola. Forse vi è stata una certa preparazione previa siccome, da due anni, lavoriamo con l’ausilio di libri elettronici. Questo ha portato un grande vantaggio: i dati, come le e-mail o gli indirizzi, erano infatti già salvate nel sistema. Abbiamo dovuto «solamente» verificare che fossero aggiornati. All’inizio l’organizzazione ha richiesto un enorme dispendio di tempo. Noi docenti lavoravamo ogni giorno 17 a 18 ore. E nemmeno ora posso dire che funzioni perfettamente. Ma alla fine, cos’è che funziona perfettamente?
Come ci si deve immaginare una lezione al momento?
In televisione ci sono lezioni giornaliere per le classi dei diversi anni. Noi adattiamo le nostre lezioni a queste ultime, attenendoci allo stesso tempo alle raccomandazioni del Ministero dell’Istruzione che suggerisce di non pretendere troppo dagli alunni. La chiave sta nel non sovraccaricarli e mantenerli nel sistema scolastico. In questa situazione, è necessario avere più fantasia per preparare la lezione. Io chiedo sempre esplicitamente se era troppo o se hanno apprezzato una certa sequenza didattica.
Come la vivono i Suoi colleghi e le Sue colleghe docenti?
Non tutti i colleghi erano contenti di dover utilizzare il computer a lezione così di frequente. All’inizio, alcuni erano persino disperati. Collaboriamo spesso tra di noi e discutiamo. Questo aiuta. Per questo, c’è un gruppo su Viber per ogni classe. Se ad esempio un bambino non ha fatto i compiti, se ne può parlare in chat e mettersi poi in contatto con il bambino e i suoi genitori per vedere cosa succede.
Accade spesso?
Ogni giorno dobbiamo risolvere qualche problemino. Ma ce la facciamo, è solo molto dispendioso in termini di tempo. Ma è anche grande il sostegno dei genitori che, in questa situazione d’eccezione, lavorano molto intensamente con i loro figli. Non posso parlare per tutta la Serbia, ma nella mia scuola, nelle classi in cui insegno e con i colleghi e le colleghe con cui parlo, sta funzionando piuttosto bene.