Picchiati, ascoltati, protetti
Informano la comunità sui diritti dell’infanzia, adottano le misure necessarie in caso di violazione di uno dei diritti e ne monitorano l’implementazione. I comitati per la tutela dell’infanzia non sono una novità in Tanzania. La novità sta nel fatto che conoscono le proprie responsabilità e le prendono sul serio.

Nyamalimbe si trova nel distretto di Geita, a sud del lago Vittoria. Il Comitato per la tutela dell’infanzia ivi presente è composto da sette membri dai background più disparati: vi trovano rappresentanza sia insegnanti e genitori che membri del dipartimento sanitario o il massimo rappresentante comunitario. Secondo quanto raccontato dai sette membri, molto è cambiato nella tutela dell’infanzia nei cinque anni in cui la Fondazione Villaggio Pestalozzi per bambini si è impegnata nelle 20 scuole incluse nel progetto, in collaborazione con l’organizzazione partner locale New Light Children Centre Organisation.
In che misura il lavoro del progetto ha rafforzato il Comitato per la tutela dell’infanzia?
Medard A. Makura: Quando siamo stati nominati membri del Comitato, non conoscevamo né i diritti dell’infanzia, né cosa si intendesse con tutela dell’infanzia nelle comunità. Nel progetto abbiamo ricevuto una formazione mirata, così adesso sappiamo qual è il nostro ruolo. Conosciamo le tappe della segnalazione di una violazione e sappiamo esattamente come funziona la procedura, ad esempio in caso di abuso su un bambino. Siamo ora molto più in grado di classificare i singoli casi e di adottare le misure adeguate.
Quali sono i compiti più importanti del Comitato per la tutela dell’infanzia?
Costantine S. Glorliz: Informiamo la comunità sui diritti dell’infanzia. Lo facciamo attraverso vari canali, come ad esempio gli incontri a livello comunitario. Riceviamo inoltre le segnalazioni relative ad eventuali violazioni dei diritti dell’infanzia. Se rientra nel nostro mandato, ci adoperiamo per adottare le misure necessarie. Se esula dalle nostre competenze, trasmettiamo i resoconti ad autorità di rango superiore. Per le indagini che eseguiamo autonomamente, facciamo anche un follow-up.
Ce lo può spiegare con un esempio?
Sospeter Kalabite: Ad esempio, in caso di trascuratezza all’interno della famiglia, l’iter che avviamo non porta per forza a separare completamente il bambino dai genitori. Quando individuiamo casi del genere, cerchiamo sempre innanzitutto di parlare con i genitori. Spieghiamo loro quanto è importante che si occupino dei figli. Quando poi illustriamo loro le disposizioni giuridiche in merito, sentono una maggiore responsabilità. Dopo un certo lasso di tempo, verifichiamo se la situazione è migliorata e se i genitori si attengono a quanto detto loro.
«Informiamo la comunità sui diritti dell’infanzia.»
Secondo la Sua esperienza, qual è il modo migliore per far sì che il comportamento dei genitori cambi?
Jonathan M. Mhogorn: Si sono rivelati molto efficaci gli incontri diretti con il rappresentante della comunità, che presiede anche il nostro comitato. Anche le riunioni comunitarie sono dei buoni trampolini di lancio per dare informazioni sui diritti e sulla tutela dell’infanzia. Dato che se ne richiede la partecipazione, sono molte le persone che accorrono. Nei villaggi questo strumento è ancora più potente che nei centri più grandi.
Che cambiamenti ha riscontrato dall’inizio del progetto, avviato nel 2016?
Regina J. Salum: In qualità di insegnante, ho il compito di occuparmi di tutti i bambini. Quando vedo che un bambino non sta bene, insisto e cerco di scoprire da cosa dipenda. Prima ricevevo risposte tipo: non mangio niente da ieri, ieri ho camminato fino a tarda notte oppure i miei genitori mi hanno picchiato. Oggi succede molto meno. Il Comitato è riuscito a ridurre sensibilmente casi del genere.
Quanti casi vengono riportati al Comitato?
Medard A. Makura: Il Comitato per la tutela dell’infanzia si riunisce ogni tre mesi. Ogni membro riferisce quante segnalazioni di violazione di un diritto ha ricevuto nella sua area. Si tratta di circa tre, cinque casi a quadrimestre.
Che ruolo svolgono i Consigli dei bambini presenti nelle scuole coinvolte nei progetti?
Regina J. Salum: Regina J. Salum: Hanno un’influenza molto positiva. Il fatto che ora siano gli stessi bambini a segnalare i casi di violazione dimostra che, come membri di un Consiglio, sono stati formati, prendono sul serio il loro compito e hanno trasmesso ciò che sanno agli altri alunni. In questo modo, la maggior parte dei bambini dispone di conoscenze sui diritti dell’infanzia.