Lo shock culturale rende più curiosi

17.04.2020 - 15:54 | Christian Possa

Prima prova un senso di sopraffazione, poi non vuole più ritornare a casa. Nel 2017 Yllza ha partecipato al Summer Camp del Villaggio per bambini, dove ha vissuto due settimane che le hanno cambiato la vita. Tre anni più tardi, la giovane diciannovenne torna a Trogen come assistente di un gruppo.

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Nel 2017 ancora partecipante, nel 2020 già assistente: Yllza dalla Macedonia del Nord.

Yllza cresce a Pershefce. Il paese situato nella parte nord-occidentale della Macedonia del Nord dista dieci chilometri in linea d’aria dal Kosovo. Il 99% della popolazione è costituito da albanesi. Circondata da questa omogeneità etnica e cresciuta in una casa con genitori molto conservatori, la giovane non ha quasi mai avuto l’occasione di confrontarsi con altre nazionalità. Quando Yllza partecipa al Summer Camp nel 2017, all’inizio si sente sopraffatta dalla diversità del Villaggio per bambini. «Quando sono arrivata, ho pianto e volevo ritornare a casa», ricorda. Il suo attuale datore di lavoro, Metin Muaremi, parla di shock culturale. Ma già dopo pochi giorni, estasiata dallo scambio con le altre ragazze e gli altri ragazzi e dal rapporto di fiducia che si è instaurato con le pedagoghe e i pedagoghi, arriva per lei una svolta impressionante. Ha iniziato ad aprirsi, è diventata più loquace e ha imparato molto su come si affrontano i conflitti e come si trovano le soluzioni. Secondo Metin Muaremi, la giovane è cambiata totalmente, anche nel suo modo di pensare. «Prima era una persona che non si preoccupava di niente e si divertiva e basta. Adesso è molto più responsabile.» Valutazione questa che condivide anche la diciannovenne, che aggiunge: «Ho molta più energia positiva e ho pochi pregiudizi verso le persone che non conosco.»

Il commiato e il nuovo inizio
Quanto più si avvicinava la fine del Summer Camp, tanto più Yllza era riluttante all’idea di dover tornare a casa. Quell’anno, Metin Muaremi, direttore dell’organizzazione partner Center for Education and Development (CED) non ha soggiornato a Trogen come accompagnatore, ma ha capito che per Yllza era dura ritornare. Quando la giovane si è rivolta all’organizzazione di riferimento, Metin le ha proposto di aiutare come volontaria. «Il Summer Camp finirà, ma puoi trovare un altro modo di continuarlo; qui in Macedonia del Nord.»

«Voglio conservare questo ‹spirito Pestalozzi› nel mio cuore.»

Yllza dà così anima e corpo al CED e passa dall’essere una volontaria ad essere coordinatrice del gruppo giovani. In queste vesti, è referente di tutte le aiutanti e gli aiutanti. Siccome l’offerta del CED prevede anche campi per bambini ed adolescenti, Yllza può far confluire nel suo lavoro l’esperienza che ha vissuto nel Villaggio per bambini. «Il periodo trascorso qui mi ha aiutato perché ho sperimentato personalmente come si può interagire con i bambini.» Ripensando al periodo trascorso a Trogen, questa giovane adulta riporta sempre la conversazione sulle persone che l’hanno accolta con così tanta inaspettata apertura. E parla con entusiasmo dell’energia positiva che ha messo le ali al suo ‹lo› di allora, ancora infantile e ingenuo. «Voglio conservare questo ‹lo spirito Pestalozzi› nel mio cuore.»

Esame superato
In qualità di direttore del CED, Metin Muaremi tocca con mano il continuo sviluppo personale di Yllza: vede come riesce a mettere in piedi un intero campo estivo con l’aiuto di due volontari, vede il modo in cui si relaziona con le persone. Metin trova che la ragazza veda ora il mondo in modo diverso. «Con il lavoro nell’organizzazione e il suo nuovo modo di pensare e di capire le cose, ha avuto un’influenza anche sulla sua società.» E la timida adolescente è diventata una giovane adulta sicura di sé che si è avvicinata molto al suo obiettivo di tornare nel Villaggio per bambini. «Quando sono tornata a casa nel 2017, ho detto: voglio tornare a Trogen, sempre e comunque. » Ora non sta più nella pelle perché è giunto il momento di realizzarlo. Per non parlare del suo entusiasmo al pensiero di ricontrare Daniel e Pascal, i pedagoghi che, all’epoca, si erano dati da fare per farla sentire benvenuta.

Con i suoi 19 anni, Yllza è solo un pochino più grande dei ragazzi che partecipano al progetto di scambio del Villaggio per bambini. In precedenza, ciò le ha dato naturalmente un gran daffare, ma è stata ben accettata dal gruppo. Metin Muaremi spiega che non vuole mostrare appositamente ai partecipanti una sola prospettiva dell’apprendimento o un solo modo di risolvere le cose. «Magari io sono autoritario, ma lei è più cordiale e i bambini quindi racconteranno più a lei che a me.»

«L’esperienza mostra che, al rientro, una percentuale compresa tra il 60% e il 70% diventano poi cittadine attive e cittadini attivi e sono alla guida di organizzazioni.» »

Metin Muaremi – direttore CED

Entrambi concordano inoltre sul fatto che l’effetto dei progetti di scambio del Villaggio per bambini persista poi nel proprio Paese nativo. Yllza afferma che i progetti cambiano il modo di pensare. «Al mio ritorno avevo molte idee su cosa volessi fare e come volessi
lavorare.» Da dieci anni, il CED porta ogni anno 40 adolescenti in scambio a Trogen. «L’esperienza mostra che, al rientro, una percentuale compresa tra il 60% e il 70% diventano poi cittadine attive e cittadini attivi e sono alla guida di organizzazioni», dichiara Metin Muaremi. A titolo d’esempio menziona organizzazioni studentesche nazionali miste dal punto di vista etnico, circoli di lettura o radio web. «Mi motiva molto il fatto che, dopo essere stata parte del centro, una persona in qualche modo continui ad agire e a portare avanti il lavoro diversamente.»

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